La problematica dei ristagni
L’inondazione del 19 gennaio, che ha investito mezza provincia di Modena, è solo l’aspetto più estremo e drammatico, di un dissesto idrico-territoriale precipitato negli ultimi anni. Il timore è che, persa la ribalta delle prime pagine dei giornali, l’attenzione svanisca ed i problemi strutturali restino. In questi giorni si è proceduto ad eseguire numerosi sopralluoghi in aziende agricole prossime agli alvei dei due fiumi, Secchia e Panaro, su cui si estende la nostra provincia. Soprattutto i terreni vicini al Secchia, sia sulla sponda destra che su quella sinistra, risentono in modo cronico di una presenza di acqua superficiale che limita le possibilità di coltivazione. I ristagni e le continue percolazioni, ostacolano le normali lavorazioni o le semine. Ancor di più, a patirne sono gli impianti stabili, sia per la messa a dimora di astoni e barbatelle, sia per le piante in produzione, che si ritrovano con le radici a mollo per lunghi periodi. Questo comporta limitazioni agronomiche o determina maggiori propensioni all’insorgenza di patologie. La situazione, come detto, non è nuova o straordinaria, ma consolidata da diversi anni. Il territorio interessato è vasto, investendo buona parte dei comuni modenesi, a nord del capoluogo, che si ritrovano un alveo “ad alta quota”, che pompa acqua verso le aree coltivate. Zone, come noto, già messe alla frusta da altre emergenze. Nonostante le poche risorse, bisognerà affrontare il problema in modo organico, con le diverse figure istituzionali coinvolte o responsabili. Altrimenti, a pagarne le conseguenze sommerse saranno come sempre solo gli agricoltori.